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L’esordio alla regia “M” di Anna Eriksson alla Mostra del Cinema di Venezia
Il 07/09/2018
Anna Eriksson, conosciuta ai finlandesi come cantante di musica pop, ha presentato il suo primo lungometraggio M alla Settimana Internazionale della Critica alla Mostra del Cinema di Venezia.
Gli ultimi cinque anni Eriksson ha lavorato con il suo progetto cinematografico nel quale, oltre a figurare in qualità di regista, è anche interprete, sceneggiatrice, costumista, scenografa, produttrice e si occupa del montaggio, del suono e delle musiche. Eriksson, che vanta quasi mezzo milione di dischi venduti, definisce la pellicola “la più grande sfida e la maggiore opera della sua carriera, un’opera realizzata in piena indipendenza e credendo nella propria visione il che rende questo rinoscimento ancora più significante”.
Il film esplora il rapporto tra sessualità e morte attraverso il personaggio M che si ispira a Marilyn Monroe. I due concetti sono solo all’apparenza due poli opposti, in realtà si fondono in ognuno di noi mascherando la paura della morte o il suo desiderio. “Il film più radicale di tutta la selezione”, ha detto il delegato generale Giona A. Nazzaro, “Un vortice sensoriale strutturato come una sinfonia industriale. L'iconografia femminile viene distrutta e ripensata dall'esordio cinematografico di Anna Eriksson. Puro gotico losangelino, visionario body-horror performativo alle soglie fra la vita e la morte, fra Jean Rollin e David Cronenberg.”
M parla di Marilyn Monroe ma non è una storia basata su una trama, né un film biografico. “All’inizio pensavo di fare un’opera di collage o un pezzo di video art. Ho trovato la forma cinematografica provando”, dice Eriksson. L’artista ha cercato di allontanarsi dalla “cinematograficità” e il film non ha un vero e proprio inizio, né un finale e né una parte centrale. L’atmosfera di sogno, anzi di incubo, e surrealistica fa pensare alle opere di David Lynch. “Mi piace Lynch perché descrive un’America che non esiste. Lui ha, però, un approccio più romantico rispetto al mio. È comunque un certo tipo di ispirazione per me”, dice Eriksson. Altre fonti di ispirazione visuale per Eriksson sono il fotografo Philip-Lorca diCorcia e il regista Gaspar Noé.
La protagonista non è Marilyn del mondo reale anche se le assomiglia. M è la storia di Marilyn, finita nel limbo, in questo strano luogo intermedio, dove non è né morta né viva. Marilyn vorrebbe morire ma non le viene concesso.
“Tutto il mito di Marilyn gira intorno alla morte, intorno al modo in cui è morta e intorno al fatto che è morta giovane. Se avesse vissuto fino alla vecchiaia, il mito non sarebbe lo stesso. La sessualità di Marilyn, invece, conteneva aspetti di pericolo e di distruzione – specialmente di autodistruzione”, dice l’artista.
Eriksson si è interessata a Marilyn Monroe dieci anni fa dopo aver letto The Many Lives of Marilyn Monroe di Sarah Churchwell, professoressa di letteratura e femminista. Si tratta di un tipo di sintesi di tutte le biografie su Marilyn.
“Il libro mi ha fatto riflettere e porre tante domande. In seguito, ho letto tutto su Marilyn, guardato tutti i suoi film e tutti i documentari su di lei. È diventata quasi un’ossessione per me anche se ai tempi non capivo ancora perché.”
Eriksson ha iniziato a riflettere sul perché le donne ancora si identifichino con Marilyn e sul perché il suo fascino non sia consumato dal tempo.
“In Marilyn si può vedere ancora un’area della sessualità femminile che tutte noi donne in qualche modo portiamo. Si tratta di un ruolo, di una maschera, di un guscio sotto il quale può sempre trovarsi una giovane donna con la sessualità ancora non del tutto sviluppata.”
“Pensando a Marilyn mi sento nostalgica per una femminilità morbida, sensibile e dolce. Una femminilità che le donne spesso non possono o non osano dimostrare nella società di oggi perché molto vulnerabile.”
Nella pellicola vediamo anche molta nudità nella quale la sessualità femminile si unisce alla morte. Si tratta di una nudità che non è necessariamente bella – o erotica.
“Volevo dimostrare una nudità che non ha come obiettivo principale l’eccitazione dell’uomo. Una nudità che rimane in un certo senso fuori dallo sguardo maschile. Una nudità carnale e forte. Per questo Marilyn è un buon esempio: se pensiamo ai film di Hollywood, la donna è come lo specchio del protagonista maschile – una sua estensione che non esiste come essere indipendente.”
In una delle scene più sconvolgenti del film vediamo immagini ravvicinate di una vagina sanguinosa. Per quelli che si scandalizzano davanti a immagini di questo tipo, l’artista risponde: “Sono davvero così scioccanti? Fanno parte dell’insieme che volevo presentare con questo film. Io vedo nella storia di Marilyn anche aspetti macabri e violenza. Mi sembra che Marilyn si sentiva tutto il tempo indifesa e non poteva nascondersi o fuggire.”
Eriksson parla di film e giochi pieni di assassini e mutilazioni.
“Se dovessimo guardare più spesso per esempio vagine sanguinose, il mondo potrebbe essere diverso e si potrebbe vedere in un modo diverso anche la sessualità femminile. Magari si parlerebbe di cose importanti e significanti. Se parliamo della sessualità di una donna, la vagina sanguinosa ne fa parte. Fa parte della realtà – perché è più brutto guardare quella piuttosto che per esempio guardare sparare una persona alla testa?”
Il film è stato realizzato in inglese perché Eriksson non poteva immaginare Marilyn a parlare finlandese. Dopo Venezia il film avrà la sua prima finlandese questo mese al Helsinki International Film Festival Love & Anarchy.
Intervista di Anna Eriksson, CinecittàNews
Recensione di Nicole Bianchi, CinecittàNews
Recensione di Carlo Valeri, Sentieri selvaggi
Fonti finlandesi:
Articolo del 6 settembte 2018, STT, YLE
Intervista del 18 aprile 2018, Jussi Mankkinen YLE
Foto di Matti Pyykkö
Gli ultimi cinque anni Eriksson ha lavorato con il suo progetto cinematografico nel quale, oltre a figurare in qualità di regista, è anche interprete, sceneggiatrice, costumista, scenografa, produttrice e si occupa del montaggio, del suono e delle musiche. Eriksson, che vanta quasi mezzo milione di dischi venduti, definisce la pellicola “la più grande sfida e la maggiore opera della sua carriera, un’opera realizzata in piena indipendenza e credendo nella propria visione il che rende questo rinoscimento ancora più significante”.
Il film esplora il rapporto tra sessualità e morte attraverso il personaggio M che si ispira a Marilyn Monroe. I due concetti sono solo all’apparenza due poli opposti, in realtà si fondono in ognuno di noi mascherando la paura della morte o il suo desiderio. “Il film più radicale di tutta la selezione”, ha detto il delegato generale Giona A. Nazzaro, “Un vortice sensoriale strutturato come una sinfonia industriale. L'iconografia femminile viene distrutta e ripensata dall'esordio cinematografico di Anna Eriksson. Puro gotico losangelino, visionario body-horror performativo alle soglie fra la vita e la morte, fra Jean Rollin e David Cronenberg.”
M parla di Marilyn Monroe ma non è una storia basata su una trama, né un film biografico. “All’inizio pensavo di fare un’opera di collage o un pezzo di video art. Ho trovato la forma cinematografica provando”, dice Eriksson. L’artista ha cercato di allontanarsi dalla “cinematograficità” e il film non ha un vero e proprio inizio, né un finale e né una parte centrale. L’atmosfera di sogno, anzi di incubo, e surrealistica fa pensare alle opere di David Lynch. “Mi piace Lynch perché descrive un’America che non esiste. Lui ha, però, un approccio più romantico rispetto al mio. È comunque un certo tipo di ispirazione per me”, dice Eriksson. Altre fonti di ispirazione visuale per Eriksson sono il fotografo Philip-Lorca diCorcia e il regista Gaspar Noé.
La protagonista non è Marilyn del mondo reale anche se le assomiglia. M è la storia di Marilyn, finita nel limbo, in questo strano luogo intermedio, dove non è né morta né viva. Marilyn vorrebbe morire ma non le viene concesso.
“Tutto il mito di Marilyn gira intorno alla morte, intorno al modo in cui è morta e intorno al fatto che è morta giovane. Se avesse vissuto fino alla vecchiaia, il mito non sarebbe lo stesso. La sessualità di Marilyn, invece, conteneva aspetti di pericolo e di distruzione – specialmente di autodistruzione”, dice l’artista.
Eriksson si è interessata a Marilyn Monroe dieci anni fa dopo aver letto The Many Lives of Marilyn Monroe di Sarah Churchwell, professoressa di letteratura e femminista. Si tratta di un tipo di sintesi di tutte le biografie su Marilyn.
“Il libro mi ha fatto riflettere e porre tante domande. In seguito, ho letto tutto su Marilyn, guardato tutti i suoi film e tutti i documentari su di lei. È diventata quasi un’ossessione per me anche se ai tempi non capivo ancora perché.”
Eriksson ha iniziato a riflettere sul perché le donne ancora si identifichino con Marilyn e sul perché il suo fascino non sia consumato dal tempo.
“In Marilyn si può vedere ancora un’area della sessualità femminile che tutte noi donne in qualche modo portiamo. Si tratta di un ruolo, di una maschera, di un guscio sotto il quale può sempre trovarsi una giovane donna con la sessualità ancora non del tutto sviluppata.”
“Pensando a Marilyn mi sento nostalgica per una femminilità morbida, sensibile e dolce. Una femminilità che le donne spesso non possono o non osano dimostrare nella società di oggi perché molto vulnerabile.”
Nella pellicola vediamo anche molta nudità nella quale la sessualità femminile si unisce alla morte. Si tratta di una nudità che non è necessariamente bella – o erotica.
“Volevo dimostrare una nudità che non ha come obiettivo principale l’eccitazione dell’uomo. Una nudità che rimane in un certo senso fuori dallo sguardo maschile. Una nudità carnale e forte. Per questo Marilyn è un buon esempio: se pensiamo ai film di Hollywood, la donna è come lo specchio del protagonista maschile – una sua estensione che non esiste come essere indipendente.”
In una delle scene più sconvolgenti del film vediamo immagini ravvicinate di una vagina sanguinosa. Per quelli che si scandalizzano davanti a immagini di questo tipo, l’artista risponde: “Sono davvero così scioccanti? Fanno parte dell’insieme che volevo presentare con questo film. Io vedo nella storia di Marilyn anche aspetti macabri e violenza. Mi sembra che Marilyn si sentiva tutto il tempo indifesa e non poteva nascondersi o fuggire.”
Eriksson parla di film e giochi pieni di assassini e mutilazioni.
“Se dovessimo guardare più spesso per esempio vagine sanguinose, il mondo potrebbe essere diverso e si potrebbe vedere in un modo diverso anche la sessualità femminile. Magari si parlerebbe di cose importanti e significanti. Se parliamo della sessualità di una donna, la vagina sanguinosa ne fa parte. Fa parte della realtà – perché è più brutto guardare quella piuttosto che per esempio guardare sparare una persona alla testa?”
Il film è stato realizzato in inglese perché Eriksson non poteva immaginare Marilyn a parlare finlandese. Dopo Venezia il film avrà la sua prima finlandese questo mese al Helsinki International Film Festival Love & Anarchy.
Intervista di Anna Eriksson, CinecittàNews
Recensione di Nicole Bianchi, CinecittàNews
Recensione di Carlo Valeri, Sentieri selvaggi
Fonti finlandesi:
Articolo del 6 settembte 2018, STT, YLE
Intervista del 18 aprile 2018, Jussi Mankkinen YLE
Foto di Matti Pyykkö