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In occasione dell'uscita del suo ultimo volume di poesie Saaren runot (Palladium Kirjat, 2017), Poesie dell'isola, Antonio Parente ha intervistato la poetessa Johanna Venho, di cui abbiamo già scritto su queste pagine.
Pubblichiamo l'intervista e una poesia inedita in Italia nella traduzione di Antonio Parente.
AP: Scrivi romanzi, racconti, poesie e libri per l’infanzia. In quale modo decidi che genere usare per trasmettere il tuo messaggio?
JV: Stranamente, sento che è la forma a scegliere me, e non viceversa. In altre parole, ci sono diverse fasi nella vita; a volte ascolto molta musica classica, poi ne ho abbastanza, e così passo al pop finlandese, e magari mi viene poi desiderio di ascoltare gli inni. Anche la scrittura vive fasi diverse: c’è il tempo per i libri per bambini, la voglia di giocare con la fantasia e raccontare una storia della mia infanzia; poi arriva il momento della poesia, quando la logica della mente somiglia al sogno e il livello dell’inconscio diventa importante. Quando scrivo prosa, invece, mi diverto con il lavoro d’indagine che la storia richiede. Le varie fasi variano come le stagioni, ma non sono altrettanto prevedibili.
La poesia è la mia espressione più caratteristica, più profonda, ma anche nella prosa si può fondere la poesia, così come nelle mie poesie è possibile trovare una vena narrativa: anche se la raccolta poetica può essere frammentaria, la storia ha una sua linea, o più linee. Della poesia mi interessano soprattutto le immagini e le figure retoriche che condividiamo. Quanti motivi comuni esistono nel nostro subconscio collettivo? Voglio scrivere una poesia dell'incontrarsi: trovare i piani sui quali potersi incontrare.
La poesia nasce spesso dal fatto che intorno a un singolo modo di dire comincia a raccogliersi qualcosa di più, incanalandosi immagine dopo immagine verso una meta. Mi piace la libertà della poesia e la sfida che essa propone di fare le cose in modo nuovo. Da questo punto di vista, il processo formativo del poeta è costante.
AP: Molte tue poesie sono ispirate a motivi kalevaliani; che importanza riveste per te la poesia popolare finlandese?
JV: Una grande importanza, sia per il lessico sia per il ritmo. Adoro leggerla e provo a sentirmi collegata alla mia storia profonda. Sono molto interessata alle vite delle passate generazioni; ciò che attualmente può sembrare spaventoso, confuso e inquietante risulta più comprensibile attraverso l’analisi storica, e la vita riacquista la giusta prospettiva. La lettura della poesia popolare e l’accesso alla sua tradizione in poesia per me è anche la consapevolezza della storia e delle radici che voglio tramandare. Ma è anche una questione del rapporto con la natura: gli antichi finlandesi, i cantori e i promotori di questa poesia vivevano molto vicini alla natura. Mi interessa la forza che si può trarre dalla natura: c’è qualcosa di profondamente rilassante e di saggio allo stesso tempo.
AP: Da quale poeta o, più in generale, artista hai tratto maggiore ispirazione?
JV: Marja-Liisa Vartio è quella che poeticamente sento più vicina, il mio spirito affine; anche lei ha fatto abbondante uso del folklore sia in prosa sia in poesia. Mi piace anche Tua Forsström per l’uso di un linguaggio luminoso e per la sua meravigliosa, lieve gravosità. Tra gli autori stranieri, le poesie di Sylvia Plath e Alice Oswald, e naturalmente molto altro: la poesia italiana, tedesca o spagnola, che sono in grado di leggere essenzialmente solo in traduzione. Oltre alla letteratura, mi nutro continuamente di immagini, e visito le mostre d'arte e le gallerie. Non vedo l'ora di rivisitare Venezia e Firenze, dove ho vissuto intense esperienze artistiche. In Italia, mi piace anche soltanto rimanere seduta nelle chiese, dove c’è sempre tanto da osservare.
AP: Altri motivi spesso presenti nelle tue poesie sono acqua, isola, silenzio e lingua. Potresti descrivere brevemente il loro significato per te?
JV: L'acqua è un elemento mobile, che non può essere imprigionato. L'isola, allo stesso tempo solitaria e fondamentalmente collegata alle acque profonde, è circondata dall’acqua, grazie alla quale la si può raggiungere. Si può viaggiare sull’acqua, immergervisi come negli strati profondi della mente.
Nelle Poesie dell'isola, si rema sull’acqua verso l'isola per essere soli, per ascoltare il passato e il futuro. Per scoprire il silenzio, che offre spazio ai ricordi.
Il silenzio è essenziale per pensare, e in questo mondo di clamore mediatico sperimentiamo continuamente la mancanza di silenzio. Solo nel silenzio riesco ad ascoltare la mia voce, a distinguerla dalle altre, ne riconosco la specificità. Ho bisogno di sempre più silenzio e il rumore mi infastidisce. La natura finlandese è basata sul silenzio; i finlandesi sono spesso osservatori per natura. Nella mia ultima raccolta parlo spesso di come liberarsi dall’ego e ascoltare il subconscio, dal quale sgorgano ricordi, pensieri e sogni.
La lingua: cerco costantemente di arricchire e impreziosire la mia lingua, provando ad essere più precisa possibile e allo stesso tempo cospicua. Mi piace il detto: “I limiti della mia lingua sono i limiti del mio mondo.”
AP: Cos’altro vorresti comunicare ai lettori italiani?
JV: Ho parlato in precedenza della natura: le questioni ambientali per me sono molto importanti. Tuttavia, ho scoperto che è difficile scrivere una poesia prendendo una certa posizione senza sembrare proclamativi. La poesia parte sempre da un'esperienza molto privata e, ad esempio, nella mia raccolta precedente, Tässä on valo (Qui c’è luce, 2009) il bambino di nome Luce era il simbolo di quella speranza che cerco sempre di portare avanti, finché posso.
Si vendono sempre più guide sullo stile di vita e libri di autoaiuto. Penso che più persone dovrebbero invece riscoprire i libri di poesie, il silenzio, la ricchezza della lingua e la possibilità degli incontri che hanno luogo sulle pagine del libro, resi possibili appunto dalla poesia.
* * *
La barca scricchiola toccando la riva
La corsa del cucciolo su questo sentiero, le zampe bianche
Dietro il capannone un odore pungente, le ortiche
Il corpo asciutto, indomito del cucciolo
Sotto le costole il cuore pulsante
Lo tenni in grembo, aveva gli occhi aperti
Una nuova terra, ancora, ma il sentiero è familiare
Immagine: Johanna Venho - Foto di Esko Jämsä
Intervista alla poetessa Johanna Venho
Il 04/01/2019
In occasione dell'uscita del suo ultimo volume di poesie Saaren runot (Palladium Kirjat, 2017), Poesie dell'isola, Antonio Parente ha intervistato la poetessa Johanna Venho, di cui abbiamo già scritto su queste pagine.
Pubblichiamo l'intervista e una poesia inedita in Italia nella traduzione di Antonio Parente.
AP: Scrivi romanzi, racconti, poesie e libri per l’infanzia. In quale modo decidi che genere usare per trasmettere il tuo messaggio?
JV: Stranamente, sento che è la forma a scegliere me, e non viceversa. In altre parole, ci sono diverse fasi nella vita; a volte ascolto molta musica classica, poi ne ho abbastanza, e così passo al pop finlandese, e magari mi viene poi desiderio di ascoltare gli inni. Anche la scrittura vive fasi diverse: c’è il tempo per i libri per bambini, la voglia di giocare con la fantasia e raccontare una storia della mia infanzia; poi arriva il momento della poesia, quando la logica della mente somiglia al sogno e il livello dell’inconscio diventa importante. Quando scrivo prosa, invece, mi diverto con il lavoro d’indagine che la storia richiede. Le varie fasi variano come le stagioni, ma non sono altrettanto prevedibili.
La poesia è la mia espressione più caratteristica, più profonda, ma anche nella prosa si può fondere la poesia, così come nelle mie poesie è possibile trovare una vena narrativa: anche se la raccolta poetica può essere frammentaria, la storia ha una sua linea, o più linee. Della poesia mi interessano soprattutto le immagini e le figure retoriche che condividiamo. Quanti motivi comuni esistono nel nostro subconscio collettivo? Voglio scrivere una poesia dell'incontrarsi: trovare i piani sui quali potersi incontrare.
La poesia nasce spesso dal fatto che intorno a un singolo modo di dire comincia a raccogliersi qualcosa di più, incanalandosi immagine dopo immagine verso una meta. Mi piace la libertà della poesia e la sfida che essa propone di fare le cose in modo nuovo. Da questo punto di vista, il processo formativo del poeta è costante.
AP: Molte tue poesie sono ispirate a motivi kalevaliani; che importanza riveste per te la poesia popolare finlandese?
JV: Una grande importanza, sia per il lessico sia per il ritmo. Adoro leggerla e provo a sentirmi collegata alla mia storia profonda. Sono molto interessata alle vite delle passate generazioni; ciò che attualmente può sembrare spaventoso, confuso e inquietante risulta più comprensibile attraverso l’analisi storica, e la vita riacquista la giusta prospettiva. La lettura della poesia popolare e l’accesso alla sua tradizione in poesia per me è anche la consapevolezza della storia e delle radici che voglio tramandare. Ma è anche una questione del rapporto con la natura: gli antichi finlandesi, i cantori e i promotori di questa poesia vivevano molto vicini alla natura. Mi interessa la forza che si può trarre dalla natura: c’è qualcosa di profondamente rilassante e di saggio allo stesso tempo.
AP: Da quale poeta o, più in generale, artista hai tratto maggiore ispirazione?
JV: Marja-Liisa Vartio è quella che poeticamente sento più vicina, il mio spirito affine; anche lei ha fatto abbondante uso del folklore sia in prosa sia in poesia. Mi piace anche Tua Forsström per l’uso di un linguaggio luminoso e per la sua meravigliosa, lieve gravosità. Tra gli autori stranieri, le poesie di Sylvia Plath e Alice Oswald, e naturalmente molto altro: la poesia italiana, tedesca o spagnola, che sono in grado di leggere essenzialmente solo in traduzione. Oltre alla letteratura, mi nutro continuamente di immagini, e visito le mostre d'arte e le gallerie. Non vedo l'ora di rivisitare Venezia e Firenze, dove ho vissuto intense esperienze artistiche. In Italia, mi piace anche soltanto rimanere seduta nelle chiese, dove c’è sempre tanto da osservare.
AP: Altri motivi spesso presenti nelle tue poesie sono acqua, isola, silenzio e lingua. Potresti descrivere brevemente il loro significato per te?
JV: L'acqua è un elemento mobile, che non può essere imprigionato. L'isola, allo stesso tempo solitaria e fondamentalmente collegata alle acque profonde, è circondata dall’acqua, grazie alla quale la si può raggiungere. Si può viaggiare sull’acqua, immergervisi come negli strati profondi della mente.
Nelle Poesie dell'isola, si rema sull’acqua verso l'isola per essere soli, per ascoltare il passato e il futuro. Per scoprire il silenzio, che offre spazio ai ricordi.
Il silenzio è essenziale per pensare, e in questo mondo di clamore mediatico sperimentiamo continuamente la mancanza di silenzio. Solo nel silenzio riesco ad ascoltare la mia voce, a distinguerla dalle altre, ne riconosco la specificità. Ho bisogno di sempre più silenzio e il rumore mi infastidisce. La natura finlandese è basata sul silenzio; i finlandesi sono spesso osservatori per natura. Nella mia ultima raccolta parlo spesso di come liberarsi dall’ego e ascoltare il subconscio, dal quale sgorgano ricordi, pensieri e sogni.
La lingua: cerco costantemente di arricchire e impreziosire la mia lingua, provando ad essere più precisa possibile e allo stesso tempo cospicua. Mi piace il detto: “I limiti della mia lingua sono i limiti del mio mondo.”
AP: Cos’altro vorresti comunicare ai lettori italiani?
JV: Ho parlato in precedenza della natura: le questioni ambientali per me sono molto importanti. Tuttavia, ho scoperto che è difficile scrivere una poesia prendendo una certa posizione senza sembrare proclamativi. La poesia parte sempre da un'esperienza molto privata e, ad esempio, nella mia raccolta precedente, Tässä on valo (Qui c’è luce, 2009) il bambino di nome Luce era il simbolo di quella speranza che cerco sempre di portare avanti, finché posso.
Si vendono sempre più guide sullo stile di vita e libri di autoaiuto. Penso che più persone dovrebbero invece riscoprire i libri di poesie, il silenzio, la ricchezza della lingua e la possibilità degli incontri che hanno luogo sulle pagine del libro, resi possibili appunto dalla poesia.
* * *
La barca scricchiola toccando la riva
La corsa del cucciolo su questo sentiero, le zampe bianche
Dietro il capannone un odore pungente, le ortiche
Il corpo asciutto, indomito del cucciolo
Sotto le costole il cuore pulsante
Lo tenni in grembo, aveva gli occhi aperti
Una nuova terra, ancora, ma il sentiero è familiare
Immagine: Johanna Venho - Foto di Esko Jämsä