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Akseli Gallen-Kallela e l’Italia. Una monografia recente.

Pubblichiamo su questo sito l'intervista di Hilla Okkonen, Coordinatrice culturale dell'Ambasciata di Finlandia in Italia, all'autrice della monografia sul pittore Akseli Gallen-Kallela e l'Italia, di recente uscita (luglio 2020). L'intervista è apparsa sul sito dell'Ambasciata di Finlandia in Italia.

Qui un estratto in finlandese.


Riscoprendo Akseli Gallen-Kallela

Maria Stella Bottai ha scritto un volume su uno degli artisti più importanti dell’età d’oro dell’arte finlandese, Akseli Gallen-Kallela. Il libro, pubblicato da Gangemi, è l’unica monografia al momento sul rapporto di Gallen-Kallela con l’Italia. Parla del viaggio, delle mostre e della ricezione critica dell’artista in Italia, la pittura ad affresco e gli scambi culturali fra i due paesi.

Maria Stella Bottai è storica dell’arte, PhD, docente di Storia dell’arte al liceo artistico e di Didattica e metodologia della Storia dell’arte alla Sapienza Università di Roma. Ha curato mostre sia in Finlandia che in Italia e scrive su varie testate. Come nasce il suo interesse verso l’arte finlandese?

Risale al 2001, quando la mia docente di Storia dell’arte contemporanea alla Sapienza, prof.ssa Antonella Sbrilli, mi segnala il pionieristico lavoro dell’artista finlandese Marita Liulia, di cui poi abbiamo curato la première Tarot al MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea della Sapienza nel 2003. È nato allora con Marita Liulia un rapporto professionale e un’amicizia che continuano tutt’ora.

Sempre nel 2003 ho visitato per la prima volta la Finlandia grazie al Foreign Correspondent Program del Ministero degli Affari Esteri finlandese. Nelle sale di Ateneum, la galleria nazionale d’arte di Helsinki, ho percepito l’influenza della cultura italiana nelle opere degli artisti della cosiddetta età d’oro, a cavallo fra XIX e XX secolo. Di ritorno a Roma, quei ‘preraffaelliti’ finlandesi sono divenuti il tema delle ricerche di dottorato che ho conseguito alla Sapienza di Roma, in collaborazione con l’Università di Helsinki, con la prof.ssa Johanna Vakkari come correlatrice di tesi. La monografia appena uscita con Gangemi editore (luglio 2020) nasce dalle ricerche di dottorato e dalle collaborazioni portate avanti negli anni con le istituzioni finlandesi.

Akseli Gallen-Kallela è un artista che i finlandesi conoscono molto bene, poiché appartiene al nostro “cànone” dell’arte del periodo d’oro. Gli italiani lo conoscono oggi, o lo conoscevano meglio in passato?

Non c’è dubbio che egli fosse più noto in Italia agli inizi del Novecento. L’anno 1914 segnò una tappa importante: la mostra personale alla Biennale di Venezia con 59 opere esposte, a cui seguirono recensioni positive sui giornali. Lo stesso anno il Ministero italiano dell’Educazione commissiona a Gallen-Kallela un autoritratto per le Gallerie degli Uffizi. Il quadro fu completato nel 1916 ma a causa della I guerra mondiale non arrivò mai a Firenze. La produzione dell’artista nel frattempo era itinerante negli Stati Uniti e al ritorno in Europa la situazione politica era profondamente cambiata; lo stretto dialogo con il nostro Paese si era diluito, anche se troviamo il suo nome in alcune mostre fino al 1950. La lunga pausa è stata interrotta nel 2011 dalla presenza di tre dipinti di Gallen-Kallela nell’antologica Munch e lo spirito del Nord nel 2011 a Villa Manin di Passariano, quasi dieci anni fa.
Oggi il suo nome è noto tra gli esperti di arte europea dei primi del Novecento, soprattutto fra coloro che si occupano di simbolismo e di incisione, tecnica in cui eccelse, mentre per il grande pubblico è ancora una figura da scoprire. In questo senso il libro presenta documenti utili agli storici dell’arte e al contempo vuole essere un’introduzione alla figura dell’artista rivolta a tutti i lettori.


Qual è il suo rapporto con l’arte di Gallen-Kallela? La prospettiva è cambiata durante le ricerche che ha fatto per il libro?

Come dicevo, ho visto le tele e le tempere di Gallen-Kallela dal vero per la prima volta nelle sale del museo Ateneum nel 2003 e da allora ho studiato a lungo gli artisti finlandesi di quel periodo. Mi ha colpito l’eccellente qualità esecutiva e l’appassionato lavoro fatto per far uscire la Finlandia dalla posizione periferica in cui si trovava all’epoca nel contesto culturale europeo. Nel libro sono messe in risalto, tramite l’apparato documentario e iconografico, connessioni sia con l’arte italiana del passato che con quella contemporanea, avanzando nuove ipotesi di lettura su alcune opere. Poi c’è l’interessante questione del riconoscimento nazionale. Era molto importante per gli artisti presentarsi come scuola finlandese, cosa non facile fuori dai propri confini: perché la Finlandia apparteneva all’Impero russo, perché gli artisti avevano nomi svedesi, risiedevano spesso nei centri d’arte più importanti del tempo (come Parigi, Monaco, Berlino) e parlavano fluentemente più lingue straniere. La spinta ad emergere come scuola finlandese, supportata dalle politiche per l’indipendenza, era seguita con attenzione dagli artisti italiani del tempo, che arrivarono ai festeggiamenti per il cinquantenario dell’Unità senza una proposta artistica condivisa che li caratterizzasse negli appuntamenti internazionali.

Mi chiede di un eventuale cambio di prospettiva: ho guardato alla Finlandia dal punto di vista italiano e all’Italia dal punto di vista di un artista nordico che vedeva nascere nei luoghi considerati scrigno dell’arte del passato, come Venezia, importanti manifestazioni quali la Biennale, segno della ricerca di un dialogo con l’arte più attuale. Adottare punti di vista molteplici è stato difficile e al contempo stimolante.

L’arte di Gallen-Kallela sta vivendo una nuova stagione di interesse a livello internazionale. È percepibile in Italia, e questo libro ne è una dimostrazione?

Tra gli eventi principali che hanno visto negli ultimi anni protagonista Gallen-Kallela ricordo la vasta retrospettiva al Musée d’Orsay di Parigi nel 2012, di cui si è parlato nella stampa italiana. Altri Paesi, come la Germania, hanno già dedicato all’artista importanti esposizioni, convegni, studi, pubblicazioni, acquisizioni. Credo che i tempi siano maturi per pensare a una sua mostra italiana, magari insieme all’altra protagonista del tempo, Helene Schjerfbeck, anche lei più nota oltralpe che da noi.

Per rispondere alla domanda, il libro appena uscito ha avuto una lunga gestazione nel tempo e durante i mesi del recente lockdown ho potuto chiudere il manoscritto. Per sapere se c’è rinnovato interesse su questo artista aspettiamo di vedere l’accoglienza da parte del pubblico.

Cosa aggiunge il libro agli studi già fatti?

Si tratta al momento dell’unica monografia sul rapporto di Gallen-Kallela con l’Italia. Ovviamente erano note le influenze dell’arte del Rinascimento sullo stile dell’artista; il mio lavoro è stato quello di contestualizzare queste influenze mettendole in relazione al quadro politico di riferimento in Finlandia (per es. il collezionismo dei Primitivi e la rivalutazione dell’affresco), evidenziando allo stesso tempo i rapporti con la cultura italiana coeva. Una figura chiave è stata quella di Vittorio Pica, critico di arte e letteratura che per primo ha pubblicato le opere di Gallen-Kallela sulle pagine della rivista Emporium. Egli è forse colui che ha creato le premesse per la partecipazione dell’artista alle diverse mostre che sono state ricostruite nel volume (a Roma, Firenze, Milano, Venezia), emerse grazie alle indagini tra fonti dell’epoca, archivi della Biennale di Venezia, fondi documentari di istituzioni finlandesi, francesi e svedesi. Un filone che andrebbe poi ulteriormente approfondito è stato quello della letteratura: grazie ad editori e traduttori lungimiranti, diversi testi finlandesi furono tradotti in quegli anni in italiano, mentre alcuni autori italiani furono tradotti in svedese, aprendo in qualche occasione le porte alla candidatura al Nobel. Sul dialogo tra la cultura italiana e finlandese a cavallo tra Otto e Novecento c’è ancora molto da ricostruire.

Il libro racconta i viaggi di Gallen-Kallela in Italia e gli scambi di idee, le scoperte, le mostre. Cosa cercavano gli artisti finlandesi, e specialmente Akseli Gallen-Kallela, nell’Italia a cavallo di XIX e XX secolo?

Alcuni artisti scrivevano nelle lettere che non volevano essere distratti dall’Italia contemporanea, vista come un museo di cui scoprire i tesori. Per la vie moderne c’era Parigi. Il viaggio in Italia era importante per la formazione, per vedere dal vivo i capolavori conosciuti tramite riproduzioni e capire quel peculiare rapporto tra urbanistica, architettura e arte che c’è da noi, sottolineato qualche anno dopo da Alvar Aalto nei suoi scritti. Anche il paesaggio era motivo di studio per gli artisti ‘touristes’, aspetto tutt’altro che secondario nella definizione di un’arte nazionale.

Giunti nel nostro Paese gli artisti finlandesi, e Gallen-Kallela soprattutto, cercavano inoltre di acquisire i segreti delle tecniche artistiche: l’incisione, la tempera, l’affresco venivano rivalutati con l’osservazione diretta delle opere e grazie alle lezioni che gli artisti italiani tenevano privatamente nei loro atelier, frequentati da numerosi stranieri che non avevano il tempo, o la possibilità, di seguire un intero ciclo di studi in accademia. Per Gallen-Kallela, oltre a Firenze, importante fu la tappa di Pompei dove conobbe il danese Oscar Matthiesen, da cui apprese una particolare tecnica di esecuzione dell’affresco che poi portò con sé nei principali cantieri da lui realizzati in Finlandia, come la Sala della Musica della Casa degli studenti di Helsinki, il Mausoleo Jusélius di Pori, la celebre decorazione della cupola del Padiglione finlandese all’Esposizione Universale di Parigi del 1900, poi riproposta quasi fedelmente nella cupola del Museo nazionale di Helsinki. Lì si può vedere ancora oggi che effetto dovevano fare le storie dipinte del Kalevala al pubblico del tempo che, come riportato nelle riviste specializzate, se ne mostrò entusiasta.

Oltre agli articoli interessanti, il libro è anche ricco di immagini. Qual è per lei il lavoro preferito di Gallen-Kallela?

Un ritratto, Tytön pää, pikku Anna (Testa di ragazza, la piccola Anna, nelle collezioni di Ateneum), che non si trova nel libro. Anni fa mi è stata fatta notare una certa somiglianza, e da allora c’è un’affezione speciale. Tra l’altro la tela è stata eseguita proprio nel 1897, l’anno del viaggio di Gallen-Kallela in Italia.

Kiitos!