« Indietro
Continua il nostro tour dei musei finlandesi, in occasione del centenario dell'indipendenza che si celebra a dicembre.
Dopo l'Amos Anderson di Helsinki arriviamo a Mänttä, nel centro del Paese, dove il Museo Serlachius ospita nei suoi rinnovati spazi tra i boschi e i laghi diverse mostre di arte contemporanea. Accanto alle sale del museo storico, che prende il nome dal magnate della carta e mecenate delle arti Gösta Serlachius (1876–1942), si sviluppano gli spazi di nuovi padiglioni, in grado di ospitare più eventi espositivi contemporaneamente. Di particolare significato è Closing Borders di Riiko Sakkinen.
Una mostra con una storia particolarmente vissuta: nasce da un viaggio in auto che l'artista e il curatore, il direttore del Museo Serlachius Pauli Sivonen, hanno intrapreso nel 2016 lungo le frontiere europee. Dalle città africane limitrofe alla Spagna fino alle rotte balcaniche e alla Francia, i due hanno ripercorso gli itinerari di rifugiati e migranti che compongono quella drammatica geografia della fuga trasmessa dai notiziari di tutto il mondo.
Lungo il tragitto, le barriere di filo spinato alzate dai governi fanno impallidire la cortina di ferro della guerra fredda, commenta l'artista. “If you demand that Europe’s borders be closed, you are not following your time. Our borders have already been closed, with concertina wire that tears both flesh and clothes. The Iron Curtain of the Cold War was a toy compared to the present border fences of Europe”.
Ai muri di filo spinato è dedicata una delle opere iconicamente più forti, la scritta 'Europa' realizzata con le scarpe da ginnastica indossate nel tentativo di scavalcare la barriera fatta di lame di rasoio, un particolare tipo di filo spinato utilizzato in ambito militare e portato alle moderne frontiere europee (vedi foto).
Visitando gli accampamenti, alcuni intrappolati in una terra di nessuno tra due paesi, osservando le condizioni di vita nelle tende e nei campi di accoglienza, Sakkinen ha raccolto e riportato in mostra dettagli della vita quotidiana, quegli oggetti usati e abbandonati capaci di portarci nella realtà stringente e incalzante di chi è in disperata ricerca di protezione da povertà, guerra, violenza, morte. La musica ascoltata in macchina, i salvagenti (non a norma) usati dai bambini in mare, le liste di ciò che si vorrebbe comprare; cose e atmosfere si mescolano a opere dell'artista che, in maniera provocatoria e con l'effetto di una chiara denuncia, produce materiale di comunicazione e merchandising apparentemente leggero - fumetti, poster, souvenir, pubblicità, packaging - rimettendo in questione il significato dei termini accoglienza, confine, razzismo.
In quale mondo vorrei vivere? si chiede l'artista. In un mondo dove le persone hanno diritto di muoversi, ma soprattutto, di non muoversi. Un mondo dove non si deve lasciare la propria casa per via della guerra, della violenza, della persecuzione o della povertà.
Sull’Europa e i migranti. Riiko Sakkinen al museo Serlachius di Mänttä | fino al 7.1.18
Il 16/09/2017
Continua il nostro tour dei musei finlandesi, in occasione del centenario dell'indipendenza che si celebra a dicembre.
Dopo l'Amos Anderson di Helsinki arriviamo a Mänttä, nel centro del Paese, dove il Museo Serlachius ospita nei suoi rinnovati spazi tra i boschi e i laghi diverse mostre di arte contemporanea. Accanto alle sale del museo storico, che prende il nome dal magnate della carta e mecenate delle arti Gösta Serlachius (1876–1942), si sviluppano gli spazi di nuovi padiglioni, in grado di ospitare più eventi espositivi contemporaneamente. Di particolare significato è Closing Borders di Riiko Sakkinen.
Una mostra con una storia particolarmente vissuta: nasce da un viaggio in auto che l'artista e il curatore, il direttore del Museo Serlachius Pauli Sivonen, hanno intrapreso nel 2016 lungo le frontiere europee. Dalle città africane limitrofe alla Spagna fino alle rotte balcaniche e alla Francia, i due hanno ripercorso gli itinerari di rifugiati e migranti che compongono quella drammatica geografia della fuga trasmessa dai notiziari di tutto il mondo.
Lungo il tragitto, le barriere di filo spinato alzate dai governi fanno impallidire la cortina di ferro della guerra fredda, commenta l'artista. “If you demand that Europe’s borders be closed, you are not following your time. Our borders have already been closed, with concertina wire that tears both flesh and clothes. The Iron Curtain of the Cold War was a toy compared to the present border fences of Europe”.
Ai muri di filo spinato è dedicata una delle opere iconicamente più forti, la scritta 'Europa' realizzata con le scarpe da ginnastica indossate nel tentativo di scavalcare la barriera fatta di lame di rasoio, un particolare tipo di filo spinato utilizzato in ambito militare e portato alle moderne frontiere europee (vedi foto).
Visitando gli accampamenti, alcuni intrappolati in una terra di nessuno tra due paesi, osservando le condizioni di vita nelle tende e nei campi di accoglienza, Sakkinen ha raccolto e riportato in mostra dettagli della vita quotidiana, quegli oggetti usati e abbandonati capaci di portarci nella realtà stringente e incalzante di chi è in disperata ricerca di protezione da povertà, guerra, violenza, morte. La musica ascoltata in macchina, i salvagenti (non a norma) usati dai bambini in mare, le liste di ciò che si vorrebbe comprare; cose e atmosfere si mescolano a opere dell'artista che, in maniera provocatoria e con l'effetto di una chiara denuncia, produce materiale di comunicazione e merchandising apparentemente leggero - fumetti, poster, souvenir, pubblicità, packaging - rimettendo in questione il significato dei termini accoglienza, confine, razzismo.
In quale mondo vorrei vivere? si chiede l'artista. In un mondo dove le persone hanno diritto di muoversi, ma soprattutto, di non muoversi. Un mondo dove non si deve lasciare la propria casa per via della guerra, della violenza, della persecuzione o della povertà.